Si è appena conclusa la III edizione del premio Letterario Nazionale “Poesie Sotto il Vulcano” dedicato alla memoria del Poeta ” ‘Ddo Canalicchiu” – “Antonino Bulla”

Biografia gentilmente redatta dal Poeta Antonino Magrì – Presentazione del Presidente Luigi Bulla (pro-nipote del poeta Antonino Bulla)

Presentazione    

Cari Poeti, scrittori e simpatizzanti del Centro d’Arte e Poesia “Luigi Bulla”, è un piacere presentarvi questo pamphle, poiché  per me ha un’importanza fondamentale, in esso infatti il carissimo amico e poeta Antonino Magrì ha raccontato la vita e la persona del mio pro zio Antonino Bulla e non finirò mai di ringraziarlo per avermela concessa.

Nonostante avessi solo tredici anni quando zio Nino ci ha lasciato, conservo di lui un ricordo indelebile; per me era come un nonno : affettuoso e generoso, non c’era  volta che mi facesse andare via senza offrirmi un biscottino! Così era anche la sua amata e dolce moglie, zia Lucia.

Da lui ho ereditato la vena artistico-poetica e quella esoterica; è infatti da ventotto anni, da quando non è più fisicamente sulla terra, che sono in contatto con lui spiritualmente e credo fermamente che sia diventato il mio angelo custode.

Il mio auspicio è che conserverete questo libretto con cura poiché credo sia  bello leggere le meraviglie e le ricchezze artistiche che le persone lasciano durante il loro breve passaggio che è la vita.

Grazie a tutti voi,  partecipanti al concorso,  per l’amore e la dedizione che dimostrate nei confronti della poesia  perché a mio parere, essa è la forma d’espressione dell’animo umano più alta che possa esistere, il mezzo più pregiato per sugellare eternamente il nostro passaggio su questo mondo, una sorta di testamento che ognuno di noi può redigere per le generazioni future.

Il Presidente

Luigi Bulla

U Ricordu di mè ‘zzù Ninu

Quannu ci jeva,

assittatu u truvava,

mentri scriveva

a mia mi parrava.

Quann’era ‘ddà

cantava e sunava

mentri a ‘zzà Lucia

applicata ascutava,

Maja all’entrata parrava

e o’ Signò Bulla idda chiamava.

Natali passau,

innaru arrivau

e doppu pochi jorna ù ‘zzù Ninu mancau,

u centru d’arti e puisia chiuriu.

ma è sempri beddu,

pirchì

‘ddà intra ci stava me ziu!

Traduzione

Il ricordo di mio zio Nino

Quando ci andavo

seduto lo trovavo,

mentre scriveva

lui mi parlava.

Quand’ero a casa sua

cantava e suonava

mentre zia Lucia

interessata ascoltava;

Maja all’ingresso parlava,

e al Signor Bulla essa chiamava.

Natale era passato,

gennaio era arrivato,

ma dopo pochi giorni mio zio Nino è mancato.

Il centro d’arte e poesia ha chiuso,

ma è sempre bello,

perché lì dentro ci abitava mio zio!

Chi Era Il Poeta Antonino Bulla?…

1914 – 1991

Cenni biografici sulla vita

di Antonio Bulla

Segantino, Poeta e Conoscitore di Arti Divinatorie

A cura del Poeta e Scrittore

Antonino Magrì

Era un poeta semplice, popolano, autodidatta, non molto istruito, ma di grande carisma e di grande vivacità intellettiva.

Conosceva e riconosceva i suoi limiti culturali, come egli stesso umilmente ammette nella sua lirica Riflessi di luci.

Il suo rapporto con la poesia fu intenso e passionale in una continua ed affannosa ricerca della sua “pampina janca”, e si caratterizza per la brevità delle sue liriche, dove con poche parole riesce ad esprimere in completezza spaccati di vita, descrizioni, sensazioni e concetti che richiederebbero fiumi di parole.

Nato ad Adrano i113 giugno 1914, Antonino Bulla, al quale la città di Catania ha dedicato, lungo la circonvallazione, uno slargo con una lapide in pietra lavica su cui è incisa una sua poesia, si è senz’altro annoverato tra quelle figure poetiche di rilievo del nostro secolo che meglio hanno saputo custodire, tramandare ed esprimere l’atavica saggezza del popolo siciliano; quella saggezza che trae la sua origine da secoli di esperienza di vita vissuta.

Fu attivo organizzatore, valido autodidatta, uomo semplice e saggio, studioso di scienza divinatoria, autore di numerosi testi per canzoni e capace poeta dialettale. La sua poesia, prevalentemente popolare, raggiunse a volte vette altissime di autentico lirismo in uno stile prepotentemente proprio.

Nacque poeta; infatti già nel 1922, ossia all’età di appena otto anni, esordì con la sua prima poesia dal titolo ’A canzuna d’ ’i fascisti, attirando su di sé la benevolenza del sindaco dell’epoca, Agatino Chiavaro, che gli promise un impiego futuro come giardiniere nella Villa Comunale; ma il destino di Bulla era altro; si dedicò infatti all’attività artigianale come segantino nella sua dimora catanese, a Canalicchio, dove trascorse quasi tutta la sua vita.

Giuseppe Buccheri di Boley, in un suo breve saggio dedicatogli, definisce Bulla «… vero poeta sbocciato nel vero autentico sincero ambiente del popolo…»; la scrittrice e giornalista Silvana Agosta, su L’Eco del 9 novembre 1972 scrive: «… Il poeta Antonino Bulla esordì per la prima volta nel campo della musa siciliana circa un quarantennio or sono. Infatti nel 1935 vide la luce l’aureo volume di versi Lu Regnu di li Dei. Il Bulla era un giovanetto di appena ventun anni quando appunto nel 1935 l’editrice “La Vittoria” di Catania fece conoscere ai colti pubblici isolani e nazionali questo poeta popolare dialettale siciliano che dalla vicina Adrano si era stabilito nella città di S. Agata e dell’Etna».

Benedetto Macaronio, in un suo saggio critico, scrive: «Bulla, “omo sanza lettere”, come ebbe a dire di sé Leonardo da Vinci, in realtà appartiene a quello stuolo di spiriti nobili che nella loro semplicità sanno trarre dal proprio animo i semi del sentimento per fecondarli in frutti di poesia.

Se l’accostamento non sembrerà troppo ardito, paragonerei tanti autori di versi a quei Sofisti di un tempo che pretendevano di smerciare sapere ed avevano la mente vuota di concetti validi, mentre Socrate, l’umile popolano ateniese, con la logica del suo buon senso e la dialettica di una sana razionalità metteva a tacere le argomentazioni sottili e vane dei falsi maestri di sapienza, risultando così esser lui il vero Maestro ed il vero Sapiente.

L’ambiguità e, soprattutto, l’oscurità totale dei tanti versivendoli di moda trovano il loro contrasto e la loro opposizione nella semplicità e nella chiarezza del Nostro.

A ragion veduta, quindi, possiamo definire Antonino Bulla il Socrate della Poesia; e, nel caso in questione, di quella dialettale siciliana…

e vi è anche un merito in Antonino Bulla, difficile da trovare tra i poeti dialettali siciliani, ed è quello di dire, nel vernacolo natio, parole di saggezza e di verità, così come a loro volta fecero un Belli ed un Trilussa, che onorarono con le loro opere l’idioma romanesco».

Il Prof. Raffaele Urzì, direttore dell’Istituto Scolastico Parificato «Principe Umberto di Savoia» di Catania, lo definì “il Poeta del Canalicchio” e disse di lui che «in pochi versi costruisce un mondo e una strofa racchiude la sua rovente fantasia, mentre il dialetto si piega in tutta la curva della sua magia».

Bulla fu elogiato dalla critica più severa e dai poeti e letterati più autorevoli del suo tempo. Il suo primo volume di versi, Lu Regnu di li Dei, pubblicato nel 1935 dalla casa editrice “La Vittoria” di Catania, si esaurì in brevissimo tempo così come la raccolta di indovinelli in versi, pubblicata nello stesso anno dalla stessa casa editrice col titolo Collana di Segreti.

In occasione della morte dell’attore catanese Angelo Musco (ottobre 1937), Bulla pubblicò un poemetto a lui dedicato che ne canta la vita e le opere. Nel 1938 pubblicò, per i tipi di “Viaggio Campo” di Catania, un dramma simbolico in poesia dal titolo La Forza dell’Invidia.

Bulla fu anche l’autore del testo L’inno alla Repubblica, che venne inciso sul finire degli anni ’40 dall’orchestra e dal coro del Teatro Massimo Bellini di Catania.

Per un periodo che durò quasi vent’anni e che fu a cavallo della seconda guerra mondiale, Bulla si limitò a pubblicare su giornali e riviste letterarie dell’epoca, quali: Lei è Lario; ’U Marranzanu; Po’ t’’u Cuntu; ecc.; e tantissime sono le onorificenze e le premiazioni che ricevette in vari concorsi poetici regionali e nazionali. Dopo questo lungo periodo, finalmente vede la luce nel 1957 il volume Gulera d’Oru, edito dalla casa editrice

“Di Benedetto” di Catania; un poemetto mitologico che dimostra la maturità poetica raggiunta dal Bulla e che lo consolida poeta di rilievo. Nel 1972 esce la raccolta di poesie Canti a lu Ventu; nel 1973 il testo di scienza divinatoria Numeroscopia; nel 1975 Adrano, un volumetto con quattordici sonetti dedicati ad Adrano; nel 1977 1a raccolta di poesie Zuccuru di Sciara; nel 1981 1a raccolta di poesie Rosi e Ruvetti; nel 1987 pubblica un saggio di tutte le opere dal titolo Ritrovarsi nelle parole; nel 1990 1a sua ultima fatica poetica dal titolo Usanzi, dialughi e raccunti.

Ma l’impresa più grande e meritoria fu il Centro d’Arte e Poesia “Antonino Bulla “, che egli fondò nel 1974 e che diresse fino alla sua morte.

Questo Centro, di cui hanno fatto parte numerosi poeti della Sicilia e del Continente, è stato un sodalizio di poeti uniti dall’amore comune per la poesia, sia essa dialettale che in lingua.

Egli amava profondamente questa sua creatura, e la gestiva con acutezza e polso.

Ogni mese usciva un libretto di poesie italiane e siciliane, curate con sacrale religiosità da Bulla; ogni libretto presenta nella copertina un titolo, quattro versetti che egli stesso componeva e un disegno, che caratterizzano insieme l’aspetto tipico del paesaggio del mese.

Alla fine dell’annata, che correva dall’aprile di un anno a marzo dell’anno successivo, i dodici libretti venivano rilegati in volume unico che costituiva la «Collana» annuale del Centro.

Di questi volumi il Centro Bulla ne ha prodotti ben diciassette, uno ogni anno, in un continuo e infaticabile lavoro sorretto dal grande amore per la Sicilia e per la poesia.

Questo suo carisma provocava la gelosia e l’inamicizia di alcune persone, ed è per loro che egli scrisse la lirica L’oru a lu fangu.

Il Centro promuoveva anche dei recital di poesie con musiche e canti del suo gruppo folcloristico e promuoveva inoltre una gita annuale che si trasformava ogni volta in un vero e proprio raduno folcloristico-culturale.

Un mondo dunque che egli ha saputo pazientemente costruire intorno a sé mattone dopo mattone. Ma soprattutto egli ha saputo costruire pareti di affetto, pareti fatte da persone che, grazie a lui e all’amore per la poesia, hanno costituito e costituiscono un “cenacolo vivo”.

L’ultimo periodo della sua vita fu costellato di poesie – testamento, quasi avvertisse quanto la sua ora fosse vicina.

 Di quel periodo sono infatti le due superbe liriche Cimi a lu ventu ed Ecu di vuci eterna.

II 13 gennaio 1991 i poeti del Centro Bulla erano intorno a lui per la consueta riunione mensile; l’indomani, il 14 gennaio 1991, alle prime luci dell’alba, Bulla moriva improvvisamente mentre alzandosi dal letto diceva alla moglie Lucia Marletta: “’U librettu, haju a fari ’u librettu”. I “suoi” poeti, in suo onore, hanno completato gli ultimi volumetti della Collana dell’anno.

                           Il Poeta e Scrittore                                           Antonino Magrì

Alcune sue Opere…

RIFLESSI DI LUCI

Rozzi li versi mei, petri di sciara(1)

sdivacati(2)  di l’estru a ruzzuluni,

rutulijannu(3)  longu la ciumara(4),

restunu ‘nta lu tempu a cuticchiuni(5)

cu la mÈ fantasia povira e amara

‘llusa di disidderii senza cruni(6)

ca, non putennu mittilli a la vara(7),

li va lassannu misi ‘gnuni ‘gnuni(8).

Non pi grannizza d’arti a meravigghia

di comu l’occhiu a lu sguardu li cridi

ricchi di preggi chiù di li tisori,

ma pi vuliri diri a cu’ li pigghia

ca, s’adduma(9)  la lampa(10)  di la fidi,

ci trova ‘nta la vampa lu mÈ cori.

Riflessi di luce

1 Petri di sciara: pietre laviche.

2 Sdivacati: rovesciati, buttati giù.

3 Rutulijannu: rotolando.

4 Ciumara:fiumara.  

5 Cuticchiuni: grossi ciottoli, ciottoloni. 

6 Cruni: corone.

 7 Vara: fercolo.

 8 Misi ’gnuni ’gnuni: disseminati

negli angoli.

 9 S’adduma: si accende. 

10 Lampa: lume.

L’ISULA DI LI FATI

Unni(1)  ci su’ tri mari ‘ncatinati,

‘n munti ca fuma e l’arvuli sciuruti(2),

è la terra di l’ancili e li fati,

ca regnunu lu geniu e la virtuti.

Tutti  li cosi campunu ‘nfatati,

finu a li petri rustichi spinciuti

di quannu sunnu cauri(3)  ‘nfucati

si li tuccati non si stannu muti.

Chiù di lu suli, la luna, li stiddi,

li balichi(4), li rosi e li violi,

li sintiti discurriri fra iddi.

L’acqua di li funtani è puisia;

cu’ tantu ni disiddira e ni voli,

veni ‘ntra la Sicilia ccu mia.

L’isola delle fate

 1 Unni: dove.

2 L’arvuli sciuruti: gli alberi in fiore.

3 Cauri: caldi.

4 Balichi: violacciocca, tipici fiori coloratissimi che abbondano lungo le coste siciliane.

NACA A VENTU

(Amuri di matri)

E sora sora(1), cu ‘n lazzu(2) a la manu, la vecchia naca a ventu(3) ‘nnaculia(4), cu ‘n cantu lamintusu, longu e stranu ca grava ancora la malinconia.

L’amici e li parenti ca ci vanu

ci parrunu pi quantu si stravia(5),

ma si lu sensu so’ non è chiù sanu,

cu’ sanari ci pò la so’ mania?

E notti e jornu è ddà, sempri c’annaca

lu figghiu mortu, vivu ‘n fantasia,

nicu vigghianti(6)  ‘ntra la leggia(7)  naca…

Curva, si fa chiù vecchia e ancora cridi

ca torn’abbrazza(8)  cu gioia e alligria

l’amatu figghiu so’, ca chiù non vidi.

Culla a vento

1 Sora sora: in silenzio, quatta quatta.

 2 Lazzu: spago. 

3 Naca a ventu: culla a vento, antica culla a

forma di amaca.        

4 ’Nnaculia: l’atto di cullare, dondola.

 5 Ci parrunu pi quantu si stravia: le parlano per distoglierla.

6 Nicu vigghianti: piccolo desto.

7 Leggia: vuota.

8 Torn’abbrazza: ritorna ad abbracciare.

‘NTRAMAGGHI

Arreri(1)  a la finestra

stinciuta(2)  di lu tempu,

cu battitu affannusu,

stancu e lentu,

lu cori(3) di ‘na vecchia,

 ancora ardita,

tessi e rintrama

‘nta ‘n filu d’argentu

li gioi e li duluri di la vita.

Trame

 1 Arreri: dietro.

 2 Stinciuta: stinta.

  3 Lu cori: il cuore.

SONNIRA

Stanotti ‘ntra lu sonnu mi vinisti1,

a lu capizzu2 miu t’avvicinasti, paruleddi3 d’amuri mi dicisti, lu cori di lu pettu mi scippasti4, dintra lu to’ pittuzzu5 lu mittisti e cu lu cori to’ l’incatinasti; bedda, ca ‘nnamurari mi facisti

pri quantu ‘ntra lu sonnu mi parrasti.

Sogni

1 ’Ntra lu sonnu mi vinisti: mi sei apparsa in sogno.

2 Capizzu: capezzale.

3 Paruleddi: paroline.

4 Lu cori di lu

pettu mi scippasti: mi hai strappato il cuore dal petto.

5 Pittuzzu: piccolo petto, pettuccio (affettivo).

AUTUNNU

‘N murmuriu di ciumi(1)  atturcigghiatu

sutta li cimi janchi(2)  di li munti,

comu talia(3)  l’arvuli scarnati(4)

pari ca dici, cu ‘n suspiru funnu(5):

«Lu ventu li spugghiò, turnò l’autunnu!».

Autunno

1 Ciumi: fiume. 

2 Cimi janchi: cime bianche. 

3 Talia: guarda.

 4   Scarnati: scarni, privi di foglie. 

5 Funnu: profondo.

PUISIA

La puisia

è comu ‘na farfalla; e nui pueti, simili a li sciuri(1),

 la jemu taliannu(2) unni(3) vola.

Circamu tutti pari(4) di firmalla(5)

e d’acchiappalla.

Ma, si n’avemu(6) l’estru e la parola,

com’emu pi pigghialla

torn’a vola(7).

Poesia

1 Sciuri: fiori.

 2 La jemu taliannu: la andiamo guardando.

3 Unni: dove. 

4 Tutti pari: tutti quanti.

5 Firmalla: fermarla.

 6 Si n’avemu: se non abbiamo.       

7 Torn’a vola: torna a volare.

VENTU DI PRIMAVERA

E lassa(1) ca lu ventu sbalanca la finestra

e ti riporta l’oduri(2) di li rosi,

 ‘ccussì(3) lu suli rinchiarisci e gira

intra ‘ssu scuru nuvulu di cori ca,

a menzijornu(4), vidi fatta sira.

Vento di primavera

1 Lassa: lascia.

2 L’oduri: l’odore. 

3 ’Ccussì: così. 

4 Menzijornu: mezzogiorno.

VIRDI DI PRIMAVERA

Janchi cannili(1) di ghiacciu pinnenti(2)

‘mpinciuti(3)  a rami nudi assiccumati(4),

a trasi e nesci(5), giàlinu(6)  lu suli,

squagghiannuvi(7)  vi fa longa stizzera(8).

Comu l’anima mia, stanca d’affanni,

‘ntra la vecchia furesta di la vita,

cu longhi caruvani(9)  di pinseri

di ‘nvernu va circannu primavera.

Verde di primavera

1 Janchi cannili: bianche candele.

2  Pinnenti: pendente.

3  ’Mpinciuti: impigliate.

4 Assiccumati: rinsecchiti.

5 A trasi e nesci: ad entra ed esce. 

6 Giàlinu: giallognolo. 

7 Squagghiannuvi: sciogliendovi. 

8 Stizzera: gocciolatoio.         

9 Longhi caruvani: lunghe carovane.

RIJETTITU

Si lu zuccu(1)  di l’arvulu è latinu(2)

e quarchi(3) mali c’è ‘nta la ramagghia(4),

tagghia la cima ca sicca la fogghia;

ca comu lu rijettitu(5) ripigghia,

lu tagghiu si risana e rigirmogghia.

Rigetto

1 Zuccu: ceppo.

2 Latinu: forte, poderoso, sano.

3 Quarchi: qualche.

4 Ramagghia: ramaglia

5 Rijettitu:rigetto.

L’ORU A LU FANGU

Po’ sulu allimarrarimi(1),

ma non paragunari

lu nomu miu a lu to’,

pirchí riprusciucannuti(2),

comu tornu a cumpàriri,

ju restu sempri lucitu

e tu no.

L’oro al fango

1 Allimarrarimi: infangarmi. 

2 Riprusciucannuti: riprosciugandoti.

RICORDI

Comu ritornu

di veli a lu ventu,

catini di ricordi, all’insaputa,

ribbattunu(1)

a la ‘ncunia(2)  di la vita

lu virdi di ‘na pampina(3) ‘ngialluta.

Ricordi

 1 Ribbattunu: ribattono. 

2 ’Ncunia: incudine. 

3 Pampina: foglia.

CIMI A LU VENTU

Li cimi di li chiuppi(1)  misi ‘n fila,

ummiri(2)  vivi

di lu campusantu,

quann’è ca ciata ‘n ciusciuni di ventu(3)

cantunu a taci-maci(4),

duci duci,

l’eterna ninna-nanna di la paci

pi cu’ riposa sutta di la cruci.

Cime al vento

1 Chiuppi: pioppi. 

2 Ummiri: ombre.

 3 Quann’è ca ciata ’n ciusciuni di ventu: quando alita un soffio di

vento.

 4 A taci-maci: letteralmente «a soldo e lira», ma qui assume il significato di: in sommesso coro.

RACCAMI DI ‘NVERNU

Cu ‘n tizzuni di focu(1)  appiccicatu

e jelu(2) ‘ncannilatu(3) tra li rami,

lu ‘nvernu ‘nta li cimi di li munti

cu pampini(4) di nivi fa raccami.

Ricami d’inverno

1 Focu: fuoco. 

2 Jelu: gelo. 

3 ’Ncannilatu: incandelato,

 a forma di candela che pende.        

4 Pampini:

foglie.

SULI CUCENTI

L’arvulu(1), ca di cauru(2) s’affara

sutta lu suli

limpiu(3) cucenti,

pi la sbrizza(4) di l’acqua

ca disia,

di l’ummira(5) so’ stissa s’invidìa6.

Sole cocente

1 L’arvulu: L’albero.

2  Cauru: caldo.

3  Limpiu: limpido.

4  Sbrizza: stilla.

5  L’ummira: l’ombra.

6 S’invidìa: si prende d’invidia.

L’URTIMA FOGGHIA

Passa lu ventu,

cimiddia(1) la cima

e ci duna a la rama chiù la spinta

pi scutulari(2)

di lu piricuddu(3)

l’urtima fogghia sicca ancora ‘mpinta(4).

L’ultima foglia

1 Cimidda: ondeggia.

2  Scutulari: scuotere, scrollare.

3  Pidicuddu: gambo, picciuolo.

4 ’Mpinta: appesa.

CRIPUSCULU

Di l’arvulu(1)

cascò l’urtima fogghia

supra li primi ròcili di nivi(2)

‘nsemi a la vampa

di la vita mia

gialligna, sicca,

smorta peggiu d’idda,

e l’urtimi cripusculi

di luci di ricordi,

a l’occhi vannu sempri scumparennu

cu li scurusi nudi panurami

di li friddi raccami(3) di lu ‘nvernu.

Crepuscolo

1 Di l’arvulu: dall’albero.

2 Li primi ròcili di nivi: le prime gelate di neve.

3 Raccami: ricami.

DUI MATRI

Facitimi addattari(1)

lu mÈ latti

e lassati ca cantu la mÈ terra.

Siddu(2) aviti di dirimi,

chiamatimi

lu figghiu di dui matri,

pirchí, si una mi tinni a lu pettu,

l’autra(3) mi addutò(4) lu dialettu.

Due Madri

1 Addattari: allattare.

2 Siddu: se.

3 L’autra: l’altra.

4 Mi addutò: mi diede in dote.

LU PUETA

Sprazzu di luci

‘nta  ‘n’ ala(1)  di ventu,

ca pensa chi dici

e scrivi chi pensa

siddu ‘nta l’ estru

‘n vucabbuli(2)  trova

quarchi(3)  simenza

d’ immagini nova(4).

Il Poeta

1 ’Nta ’n’ala: in un’ala.

2 Vucabbuli: vocaboli.

3 Quarchi: qualche.

4 Nova: nuova.

CURADDI

Curaddi russi a li rami pinnenti(1)

ammenzu di li pampini ammucciati(2),

l’aceddi ven’a posunu(3) cuntenti

quannu tra maggiu e giugnu arrussiati(4).

Quantu canzuni longhi(5) allegramenti

vi fannu li cicali spinsirati(6) quannu cu la carizza di li venti l’arvulu russu e virdi appitturati!

La vostra curta, fragili ‘sistenza,

virmigghiu fruttu di la nova ‘stati(7),

mustra lu stemma di la prifirenza.

Lu stissu suli ca fa nesci e trasi(8),

quannu tracodda arreri li vaddati(9)

si porta lu sapuri di cirasi(10).

Coralli

1 Pinnenti: pendenti.

2  Ammenzu di li pampini ammucciati: nascoste in mezzo alle foglie.

3  L’aceddi ven’aposunu: gli uccelli si vengono a posare.

4 Arrussiati: vi tingete di rosso.

5 Longhi: lunghe.

6 Spinsirati: spensierate.

7 Di la nova ’stati: della nuova estate.

8 Ca fa nesci e trasi: che fa esci ed entra.

9  Arreri li vaddati: dietro le valli.

10  Cirasi: ciliegie.

DISIDDERIU

…E l’anni mei, mittuti(1) tutti ‘n fila cu l’occhi ‘nta la scia di la cultura,

m’hannu tissutu filagni di tila pi fari tanti quatri(2) a la natura.

Pruspetti n’haju(3) mustratu mila e mila, ma non li chiamu vanti di bravura

si ‘nta la fantasia l’arti non sfila l’estru ca fa l’immagini a pittura.

Cercu e ricercu ‘nta ‘n girmogghiu novu, ‘n menzu4 a lu virdi, la pampina janca(5), c’ancora comu vogghiu non la trovu.

Battu e ribbattu ‘nta diversi parti,

ma, si l’estru ‘na scia non mi rinfranca, moru6 senza ca fazzu ‘n quatru d’arti.

Desiderio

1 Mittuti: messi.

2 Quatri: quadri.

3 N’haju: ne ho.

4 ’N menzu: in mezzo.

5 La pampina janca: la foglia bianca.

6 Moru: muoio.

A LA MÈ SCRIVANIA

Si pi cinquanta e ‘n annu mi si’ stata fida cumpagna di la vita mia,

ti portu dintra a l’anima stampata,

vecchia, camuliata(1) scrivania.

E si quann’è ca ha’ veniri bruciata riputissimu stari

‘n cumpagnia,

ogni faidda(2) di focu addumata(3) fussi(4)

‘n vivu ricordu ‘n puisia ca,

 si pi forza di lu so’ putiri,

cu ‘n attimu di luci, a scappa e fui(5),

 facissi lu passatu cumpariri,

si rividissi la storia di nui,

‘nta l’arti, ‘nta la gioia e lu suffriri di ‘n tempu vivu ca non torna chiui(6).

Alla mia scrivania

 1 Camuliata: rosa dal tarlo. 

2 Faidda: favilla. 

3 Addumata: accesa.

 4 Fussi: sarebbe.

 5 Fui: più

correttamente Fuji: fuggi. 

6 Chiui: più.

ECU DI VUCI ETERNA

Non ti purtari li sacchetti chini(1),

ca unni(2)  vai su’ scuri suttirranî(3),

e ‘nta la longa notti senza fini

non esistunu chiù miserii umani.

‘Nta l’attimu ca l’anima scatini

di lu to’ corpu mortu ca rimani,

primu ca ti ni vai ci cuncatini

tutti l’opiri to’, nobbili e strani,

pi dimustrari a cu’ talia(4)  chiù appressu,

‘nta lu to’ capu ìffulu(5) di storia,

l’ummira(6)  viva di lu to’ riflessu;

e li matassi a trami allegri e tristi

su’ lampi di ricordi di memoria

ca diciunu… cu’ fusti… e chi facisti.

Eco di voce eterna

1 Li sacchetti chini: le tasche piene.

2 Unni: dove.

3 Suttirranî: sotterranei.

4 Talia: guarda.

5 Capu ìffulu: bandolo della matassa.         

6 L’ummira: l’ombra.

QUANNU SCURA *

Russu comu lu focu(1),

lu suli, a lu punenti

‘ndora tutta la cima di li munti

e lu celu, lentamenti,

chiù scuru si va fannu ‘n tutti punti.

L’aceddi(2), misi ‘n jocu(3),

vulannu fra li rami

disperdunu a lu ventu lu so’ coru,

si cercunu lu locu

chiù chiusu a li furami(4)

di l’arvulu c’ascuta mutu e soru.

Sona l’Avi Maria,

cumparunu li stiddi

comu tanti cucciddi di brillanti,

e la notti chiù funna si fa avanti.

*Poesia inedita, inserita per gentile concessione della famiglia Bulla

All’imbrunire

1 Focu: fuoco.

 2 L’aceddi: gli uccelli.

3 Misi ’n jocu: intenti al gioco.

4 Chiusu a li furami: nascosto ai predatori.

TRAMUNTU *

Si si’ ’nciammatu(1) di pittura vera

quannu codda(2) lu suli ‘n primavera,

guarda comu la magica natura

cu li culuri so’ fa la pittura.

Talia(3)  lu celu tuttu paru paru

e lu vidi a livanti grigiu chiaru,

mentri di lu punenti, a pocu a pocu,

si fa russignu simuli a lu focu(4).

Siddu c’è quarchi(5) nuvula d’intornu,

resta tutta ‘ndurata attornu attornu

finu ca a pocu a pocu si strazzìa(6).

Di l’autru latu quasi scurulia(7),

la prima stidda appari e, a una a una,

ognuna di lu celu s’impatruna.

*Poesia inedita, inserita per gentile concessione della famiglia Bulla.

Tramonto

1 Si si’ ’nciammatu: se sei bramoso.

2 Codda: scende giù, tramonta.       

3 Talia: osserva.

 4 Simuli a lu focu:

simile al fuoco.

5 Quarchi: qualche.

6 Si strazzìa: si dirada.

 7 Quasi scurulia: quasi si fa buio.

PI DITTU *

Pi dittu di lu vostru vicinatu,

dici ca quannu vui, bedda, parrati,

a chiddu ca vi senti ci mannati(1)

tuttu lu vostru ciatu ‘nzuccaratu(2).

Ju, pi vidìri siddu è viritati(3),

sugnu davanti a vui ciatu cu ciatu,

pirchí lu cori miu ci l’haju malatu

pi non aviri chiddu ca vui dati.

Parrati, bedda mia, parrati, almenu

dicitimi ‘na minima palora,

quantu mi levu tuttu ‘stu vilenu.

Facitimmilla(4)  ‘ssa vuccuzza(5) a risu,

riditimi(6)  accussì, riditi ancora,

quantu vidu com’è lu Paradisu.

* Poesia inedita, inserita per gentile concessione della famiglia Bulla.

Per detto

1 Ci mannati: gli mandate.

2 Lu vostru ciatu ’nzuccaratu: il vostro respiro dolce, inzuccherato.

3 Siddu è viritati: se è verità.

4 Facitimmilla: fatemela.

5 Vuccuzza: boccuccia.

 6 Riditimi: ridetemi.

SI C’È AMURI AMARI È POCU *

Mi guardi e cu lu sguardu mi dipinci

comu si mi voi diri tanti cosi,

mi teni ‘ntra li vrazza(1)  e non mi strinci

pi non si diri(2) ca lu cori posi.

L’amuri, bedda mia, non si custrinci:

siddu lu cori to’ beni mi vosi,

pi finu a quannu tu non ti cunvinci,

mi pensi notti e jornu e non riposi.

L’amuri, quannu è amuri, è senza fini

e si l’amuri ha’ fari lu so’ jocu(3)

è chiù forti di l’acqua e di lu focu;

pircui, si ci hai l’amuri ‘ntra li vini(4),

è megghiu ca lu cori t’incatini,

pirchí si amuri c’è amari è pocu.

* Poesia inedita, inserita per gentile concessione della famiglia Bulla.

Se c’è amore amare è poco

1 Vrazza: braccia.

 2 Pi non si diri: perché non si dica.

 3 Ha’ fari lu so’ jocu: ha da fare il

suo gioco.

4 ’Ntra li vini: dentro le vene.

AMURI ‘N SONNU *

Siddu ‘n sonnu o ‘n dormivigghia

vidi ‘n’ummira c’appari,

non ti fari meravigghia

ca mi vegnu a prisintari.

Vegnu sulu pi ti fari

quattru simplici carizzi

e pi ‘n secutu(1) guardari comu su’ li to’ biddizzi.

Non si’ Vènniri(2), s’intenni(3),

ma di quantu si’ giniusa

lu mÈ cori, ca cumprenni,

ti discurri a vucca chiusa.

Cu lu sguardu chiù sinceru

e li gesti di li manu,

comu t’amu pi daveru

ti lu dicu di luntanu.

Tantu veru ca l’affettu

di circariti mi spinci

e a viniri di rimpettu

‘nta lu sonnu mi custrinci.

Mi po’ diri: “Chi ni vali

ca n’amamu ’n fantasia?

È la cosa naturali,

ca non regna gilusia”.

Tutti chiddi ‘nnamurati

ca unirisi non ponnu,

stannu sempri ‘ncatinati

‘nta lu sguardu e ‘nta lu sonnu.

* Poesia inedita, inserita per gentile concessione della famiglia Bulla.

Amore in sogno

1 ’N secutu: in seguito.

 2 Vènniri: Venere.

 3 S’intenni: s’intende.

GUERRA *

Luci di riflitturi svarïati

schiarisciunu lu scuru ‘gnuni ‘gnuni(1)

e lu lampu di focu tra li prati

di parmu a parmu si ni fa patruni.

Catoi di trinceri(2)  pupulati

di tanti cintinara di pirsuni,

cu’ morti, cu’ firuti(3), cu’ allarmati

e cu’ vigghianti4 allatu(5) a li cannuni.

Vuci di tanti varii dialetti,

attimi di spaventu e gridi forti

tra scrusciu(6) di fucili e baiunetti.

Animi persi e corpi terra terra

‘nsemi a li vivi privi di cunforti

hannu a la vucca(7) la parola guerra.

* Poesia inedita, inserita per gentile concessione della famiglia Bulla.

Guerra

 1 ’Gnuni ’gnuni: in tutti gli angoli.

2 Trinceri: trincee.

3 Firuti: feriti.

4 Vigghianti: vigilanti

5 Allatu: accanto.

6 Scrusciu: rumore.

7 Vucca: bocca.

LU RITRATTU DI MÈ MATRI *

Pocu capiddi a la frunti rutunna,

occhi castagni luciti argintati,

nasu dirittu, quadratura tunna

e nicili li gigghia(1)  pruluncati;

culuritu di facci ‘n pocu brunna(2),

aricchi(3)  picciriddi e dilicati,

denti spaziusi, vucca(4)  ‘n pocu funna

e labbra sempri russi culurati;

corpu dirittu, pettu bon furmatu,

vistitu azzurru fattu a stilu anticu(5)

e spènziri(6) di sita raccamatu.

Chisti ‘nta l’occhi mei sunnu li quatri,

e quannu li ripensu, o sia li dicu,

rividu lu ritrattu di mè matri.

* Poesia inedita, inserita per gentile concessione della famiglia Bulla.

Il ritratto di mia madre

1 Nicili li gigghia: minute le ciglia.

2 Brunna: bionda.     

3 Aricchi: orecchie.

4 Vucca: bocca.

5 Stilu anticu: stile antico.

6 Spènziri: corpetto.

Bibliografia

– MarranzAtomo  (Anno III. N°1 – Gennaio  – Aprile 1996) Edizioni Greco. t

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